“All’anima che sa leggere nella mia,
e che ne comprende le gioie e i dolori,
voglio confidare queste parole:
all’alba della mia dipartita,
al crepuscolo del sentiero
che ho scelto,
posso finalmente affermare,
completamente in pace,
che la nostra ferita,
in questo mondo,
non sta né nella ricchezza
né nella povertà,
ma nella nostra dipendenza
da uno di questi due strati,
nel fatto di immaginare che
l’uno o l’altro possano
offrirci gioia e libertà.
Sta anche nel fatto di essere
convinti che l’Altissimo Signore
abbia bisogno delle sofferenze
di noi creature,
per aprirci la porta della sua luce.
La nostra ferita, infine,
è il convincimento che Egli
abbia bisogno di sacrificarSi
sotto forma di suo Figlio,
o sotto forma umana
al fine di salvarci.
Chi mai, tranne noi stessi,
per mezzo della purezza del cuore,
potrà salvarci?
In verità il Buon Signore
mi ha mostrato che
non vi era alcun riscatto,
alcun sacrificio da perpetuare.
Mi ha insegnato, in silenzio,
che sarebbe bastato uscire
dall’ignoranza, dall’oblio, e amare.
Amare la vita in ogni forma,
e con tutti i mezzi che la rendono bella,
amare la sua Unità
in ogni cosa e in ogni essere.
Possa tutto questo venir detto,
un giorno, tanto alle donne
come agli uomini possa venir
detto e insegnato meglio
di quanto io abbia saputo fare,
senza nulla respingere dell’Acqua
né del Fuoco.
Il mio augurio è che non ci siano
più né Chiese,
né preti, né monaci, niente di tutto questo
che vi sia soltanto l’Altissimo e noi,
perché sta ad ognuno incontrarlo
in se stesso…
Ora che il velo si squarcia,
voglio andarmene nudo come
sono venuto al mondo.
E non parlo della nascita del mio corpo,
ma della vera nascita della mia anima,
del giorno in cui ha trovato il coraggio di
scendere più a fondo nella carne
per offrirmi all’Eterno,
così in Alto come in Basso.
Francesco “
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Lettera di San Francesco scritta a Santa Chiara