Gallet Yves si teneva in equilibrio su un ripido pendio roccioso nel nord-est della Siberia, mentre un fiume turchese si snodava tranquillamente lungo il paesaggio ondulato che si estendeva sotto. Gallet, dell’Istituto francese di Fisica della Terra di Parigi, aveva lo sguardo rivolto alle rocce con un obiettivo in mente.. svelare la storia del campo magnetico terrestre. Si tratta di una specie di bolla protettiva che difende la Terra dalle radiazioni provenienti in modo continuo dal sole. Nella storia di 4,6 miliardi di anni del pianeta, il campo si è spesso invertito, scambiando i poli magnetici nord e sud, e alcune ricerche suggeriscono che un altro capovolgimento potrebbe essere all’orizzonte. Mentre le paure di un’apocalisse geomagnetica incombente sono esagerate, un’inversione magnetica potrebbe avere molti effetti dannosi – dall’aumentata esposizione alle radiazioni ad interruzioni nel funzionamento degli apparati tecnologici – e per tali motivi la comprensione di questi capovolgimenti storici è qualcosa di più di una semplice curiosità scientifica. Gallet e i suoi colleghi hanno scoperto prove che negli ultimi 500 milioni di anni si è verificata una delle più alte percentuali di inversioni di campo mai registrate. Durante questo periodo straordinariamente caotico, come viene riportato in dettaglio in una recente pubblicazione su Earth and Planetary Science Letters, il pianeta ha visto 26 inversioni di poli magnetici ogni milione di anni, più di cinque volte della frequenza registrata negli ultimi 10 milioni di anni. Il risultato si unisce a una serie crescente di prove che suggeriscono che il campo magnetico del pianeta è in grado di invertirsi più frequentemente di quanto si ritenesse possibile, afferma Joseph Meert, un paleomagnetista dell’Università della Florida che non fa parte del gruppo di studio. Tale ricerca sta completando lentamente la descrizione dell’evoluzione magnetica della Terra, fatta finora in maniera discontinua, e potrebbe aiutare gli scienziati a comprendere meglio i tempi e le ragioni nascoste dietro questa sorta di ginnastica geologica e suggerire persino gli effetti che gli antichi periodi di iperattività hanno avuto nei periodi iniziali della Terra. Il campo magnetico terrestre è generato dalla carica elettrica del ferro fuso e del nichel presenti nel nucleo esterno del nostro pianeta, circa 2.900 chilometri sotto la superficie. Nel corso degli anni, le prove delle inversioni del campo sono state catturate da minerali ricchi di ferro soggetti all’influenza del campo magnetico, rimanendo intrappolate come rocce sedimentarie o come lava raffreddata, simili a piccoli aghi di bussola congelati nel tempo. Sulla base di questi indizi rocciosi, i nostri poli non hanno scambiato posto per circa 780.000 anni, ma sono stati irrequieti in passato, invertendo ogni 200.000 anni circa. Vi sono anche periodi prolungati in cui i poli sono rimasti per lo più fermi, come in un intervallo di tempo di 40 milioni di anni durante il periodo Cretaceo, circa 100 milioni di anni fa. Con quale rapidità possono arrivare queste inversioni? Per avere la risposta, Gallet e i suoi colleghi si sono avventurati in elicottero, su zattere gonfiabili e a piedi su scogliere insicure che risalgono a un periodo del Medio Cambriano – circa 500 milioni di anni fa – sul quale sono state effettuate poche misurazioni. Le sabbie di cui è costituita questa regione furono deposte in quello che un tempo era un mare caldo e poco profondo, con minerali magnetici intrappolati come sedimenti che si spostarono sul fondale oceanico e si compattarono formando nuovi strati rocciosi. Gallet e i suoi colleghi hanno visitato il sito per la prima volta nei primi anni 2000, raccogliendo circa 119 campioni dalla parete quasi verticale della roccia. Questo lavoro ha rivelato un arco di tempo, durante il Medio Cambriano, che ha visto almeno 6-8 inversioni di campo ogni milione di anni. “Non ci aspettavamo una frequenza di inversione così elevata”, scrive Gallet in una email, sottolineando che all’epoca qualsiasi valore che superasse le quattro o cinque inversioni era considerato elevato. Il tasso elevato lasciò in lui e nei suoi colleghi il fastidioso sospetto di dover raccogliere più campioni. Nell’estate del 2016, sono tornati proprio per questo e hanno tagliato circa 550 piccoli blocchi di roccia, ognuno da 10 a 20 centimetri. L’analisi delle tracce magnetiche ha confermato il loro sospetto: nel corso dei tre milioni di anni contenuti nei loro campioni, hanno rilevato sorprendentemente 78 inversioni di campo. “Ci aspettavamo una frequenza di inversione magnetica molto elevata, ma ovviamente non un valore così elevato”, afferma Gallet. E 22 dei campioni registrano solo una inversione, osserva, suggerendo che forse il tasso reale è ancora più alto. Per ora, il nuovo studio offre più domande che risposte. Non è chiaro perché il campo fosse così dinamico in quel momento e perché si sia rapidamente stabilizzato. Una possibilità è che queste prime inversioni siano legate al raffreddamento e alla cristallizzazione del nucleo solido interno del pianeta. Mentre molti studi suggeriscono che probabilmente iniziò 600 o 700 milioni di anni fa, forse l’intensa inversione nel Medio Cambriano è causata invece da una formazione del nucleo interno più lenta. Ma c’è ancora molta incertezza. “È molto difficile sapere qualcosa sul nucleo e sul suo comportamento”, afferma la geologa Annique Van der Boon dell’Università di Liverpool, che non fa parte del gruppo di studio. “Non possiamo vederlo, non possiamo andare lì”. L’unico altro periodo di tempo con inversioni relativamente elevate, noto come Ediacarano, si è verificato tra i 550 e i 560 milioni di anni fa, un periodo che coincide in modo interessante con una estinzione di massa della vita, osserva Meert. Gli studi suggeriscono che l’inversione del campo magnetico dell’Ediacarano fosse estremamente bassa, il che avrebbe potuto esporre la prima vita sulla Terra a condizioni di superficie proibitive. “Per usare il linguaggio di Star Trek, i nostri scudi sono scesi e hanno permesso il bombardamento di radiazioni cosmiche e di altro tipo sulla superficie della Terra”, afferma Meert. Forse questa eccessiva esposizione ha ucciso le creature morbidi e soffici dell’Ediacarano, molte delle quali non potevano spostarsi per ripararsi dal Sole. Ma nessuna estinzione di massa coincide con l’inversione elevata proposta recentemente per il Medio Cambriano, quando la vita fioriva in una miriade di forme. Forse l’evoluzione ha dato una mano a quelle creature, suggerisce, provocando la crescita del numero di animali sotterranei e di altri animali che potevano ripararsi dai dannosi raggi solari…