L’umorismo è il sale della vita… è ciò che permette di guardarsi e guardare all’esistenza cogliendone le sfumature… è la capacità intelligente di rappresentare l’aspetto comico della realtà: migliora la salute e stempera l’atmosfera nelle diverse situazioni difficili. «La cosa più importante è che insieme abbiamo riso veramente tanto». Così si esprime un’astronauta americana nell’analizzare i fattori che hanno contribuito al successo di una missione spaziale in compagnia di due astronauti, uno russo e uno ucraino. Saper ridere e saper sorridere fanno parte dell’esperienza più ampia dell’umorismo che si è conquistato uno spazio sempre maggiore come fattore importante per il benessere e la salute delle persone. Ne è nata una vera e propria psicologia dell’umorismo.
Il sorriso appare molto presto nella vita del bambino, all’inizio in modo casuale e poi come risposta alle sollecitazioni della madre e delle altre persone significative. Può essere spontaneo (espressione di gioia) o forzato (di circostanza o piuttosto falso). Qualcuno ha contato 18 tipi diversi di sorriso. E un autore ci ricorda che i bambini ridono circa 400 volte al giorno, mentre gli adulti ridono in media solo 15 volte. Che fine hanno fatto le altre 385 risate? L’umorismo ha diverse componenti: fisiologica (modificazione di parametri come la respirazione e il battito cardiaco), cognitiva (percezione dell’incongruità o di un paradosso in un contesto di gioco), emotiva (un’esperienza di vissuti piacevoli), comportamentale (tipiche espressioni verbali e non verbali) e sociale (aspetti comunicativi e interpersonali). E il senso dell’umorismo, che tutti dicono di avere, ma che a qualcuno manca del tutto, descrive la capacità cognitiva di creare, capire e apprezzare l’aspetto comico che scaturisce da una particolare situazione. Secondo Freud ‘l’umorismo ha la funzione di comunicare impulsi sessuali e aggressivi repressi, in modo accettabile dall’ambiente sociale, e dare un certo piacere. Altri lo collegano all’aggressività di chi si sente superiore e al compiacimento delle disgrazie altrui. Per altri ancora, per essere divertenti, le cose devono essere incoerenti, sorprendenti o differenti da come ce le aspettiamo. Lo possiamo vedere in questa barzelletta. Una signora, entrando in un negozio di abiti da sera, chiede alla commessa: «Posso provare il vestito in vetrina?». «Beh – risponde la commessa – non crede sia meglio usare il camerino?». La fonte del sorriso è quel “in vetrina” interpretato in modo differente dalle due protagoniste: luogo in cui è esposto il vestito, ma anche luogo dove la commessa crede che la signora lo voglia provare. Ridere e sorridere aiuta a vivere meglio… e a volte anche a guarire. Emblematica in questo senso la storia del medico Norman Cousins, narrata nel libro La volontà di guarire. Anatomia di una malattia, al quale venne diagnosticata una grave e debilitante malattia che lo costrinse a letto, in preda a dolori insopportabili. In accordo con i medici che lo curavano si fece dimettere e si affidò a una particolare “cura del riso”: per indurre stati d’animo positivi cercò di ridere più volte al giorno. Ottenne così un miglioramento costante. A dire il vero l’effetto benefico era dovuto anche ad altri fattori terapeutici, non ultimo una forte fiducia nella guarigione (effetto placebo) e il non aver delegato ai soli medici la sua cura. In questi ultimi anni è nata una nuova disciplina, la gelotologia (dalla parola greca gelos – riso), che studia le potenzialità terapeutiche dell’umorismo e una nuova forma di terapia, la clownterapia, nella quale i “clown dottori” (volontari che ricevono una specifica formazione), sull’esempio di Patch Adams, utilizzano tecniche di comicità per creare un po’ di sollievo a chi è nel dolore. C’è oggi un’attenzione particolare anche sugli effetti benefici di un buon uso dell’umorismo nelle varie forme di relazione di aiuto e di cura. L’umorismo ha anche un’importante funzione sociale: crea e mantiene le relazioni, aumentando i sentimenti di benessere: nei gruppi, nella coppia, tra amici e nell’ambiente di lavoro. Anche nei rapporti con Dio.
Papa Giovanni era uno che sapeva sorridere. Talvolta prolungava i discorsi che teneva con delle improvvisazioni rispetto all’argomento di fondo. E questo creava non pochi problemi ai suoi traduttori. Un giorno confessò a un suo interprete: «Hai espresso il tutto molto bene: ora capisco meglio anch’io ciò che volevo dire». Un modo elegante di ridere di sé e creare simpatia. Famosa anche la sua risposta a chi chiedeva quante persone lavoravano in Vaticano: «Più o meno la metà». Un buon umorismo non nega i problemi ma si focalizza sulle forze costruttive della vita. Scrive un autore: «[ nostri problemi forse restano gli stessi, ma l’orizzonte è mutato, come se l’umorismo attraesse la nostra attenzione su una finestra dimenticata nel muro delle nostre preoccupazioni e sofferenze: una finestra che lascia intravedere un giardino».
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By Luciano Sandrin