Il termine Shan, secondo un antico linguaggio dei popoli autoctoni europei, era il nome che veniva dato alla Natura. Una “natura” non intesa solo sul piano delle forme e dei cicli stagionali, ma anche come l’esistenza nella sua globalità, comprendente la presenza umana. Un significato di “natura” che travalica la dimensione quotidiana e che manifesta un Mistero mistico immanente a tutte le cose. Il termine Shan definisce la natura immateriale dell’esistenza, riconducibile al significato di “vuoto” ovvero all’assenza di concetti che possano definirla. Una dimensione invisibile dove tuttavia ha sede la vera realtà delle cose, al di là del sogno illusorio percepito dai sensi e della mente. Dimensione che per i Popoli naturali rivela una conoscenza fonte di armonia e benessere, accessibile attraverso l’esperienza diretta di ogni individuo. Il concetto mistico di Shan ha ispirato la filosofia dell’arcaico sciamanesimo druidico europeo. Shan è l’antico nome del Graal, una dimensione comune a tutti i Popoli naturali anche se definita con termini diversi. È lo Yemurraki o Dreamtime degli Aborigeni australiani, il Wakan Tanka dei Nativi nordamericani, il Mbog dei Nativi africani La dimensione immateriale dello Shan rappresenta un piano Mistico e allo stesso tempo pragmatico dell’esistenza ed esprime una conoscenza segreta che l’individuo può usare per il suo benessere e per la sua evoluzione spirituale. Secondo le filosofie dei Popoli naturali per quanto sia immateriale, la dimensione dello Shan è accessibile a chiunque voglia sperimentarla ed è possibile farlo attraverso l’esperienza del Silenzio. Il Silenzio è la dimensione in cui la Natura si rivela nel suo reale aspetto e in cui è possibile partecipare all’armonia e alla conoscenza che essa è in grado di sollecitare. Il Silenzio rappresenta l’esperienza di contatto con la natura invisibile e immateriale del piano reale dell’esistenza in cui essa si manifesta in tutta la sua effettiva entità fenomenica. E’ la modalità di percezione mistica dello Shan che apre ad infinite potenzialità cognitive e creative. Solitamente l’esperienza del Silenzio non viene vissuta poichè si è attratti e coinvolti da apparenze e suggestioni del visibile quotidiano in cui si è inevitabilmente immersi. L’individuo vive naturalmente il suo rapporto con lo Shan a mezzo di precise competenze funzionali, quella del corpo, della mente e dello spirito. La dimensione dello spirito è inteso come coscienza di sè ed è legata alla realtà del piano immateriale dell’esistenza. Ordinariamente l’individuo si rapporta con l’esistenza basandosi essenzialmente sul riferimento dato alla materia recepita dai sensi e sulle interpretazioni soggettive della mente che, erroneamente, confonde con il proprio stato di coscienza. Solo quando l’individuo riesce a liberarsi dall’illusione sensoria e dalle verità soggettive della mente acquisisce la sua reale natura interiore spirituale e può accedere alla conoscenza dello Shan. In tal modo lo spirito recupera la sua vera natura, sottratto all’illusorietà della mente, e può realizzare l’esperienza del Silenzio che si identifica come una esperienza di “Visione” che apre a alla conoscenza diretta della natura immateriale dello Shan.