L’Isola di Pasqua, al largo delle coste del Cile, è un’isola misteriosa da sempre. Le sue statue allineate l’una accanto all’altra, messe a guardia delle coste dell’isola, sono state nel corso dei secoli ispiratrici delle teorie più svariate. Chi e quando le ha realizzate? Qual è il loro significato? Un altro mistero avvolge da sempre i suoi abitanti che sembrano scomparsi nel nulla. I primi occupanti dell’isola sembra che avessero la pelle bianca e ciò implicherebbe origini etniche geograficamente piuttosto distanti. La teoria di Thor Heyerdahl, ricercatore norvegese e studioso della civiltà Rapanui, è che la prima etnia giunta sull’isola fosse il risultato di una mescolanza di civiltà nordiche, peruviane e polinesiane che avvalendosi di zattere approdarono su di essa dopo un lungo e difficile viaggio. Secondo molti storici i Rapa Nui così veniva chiamati gli indigeni isolani sarebbero letteralmente “morti di fame”, per aver sfruttato troppo intensamente le scarse risorse naturali dell’isola. Ma un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Pnas, sembra suggerire, invece, che le vere cause del declino di questa popolazione siano state molto più complesse, e che più che la malnutrizione, a causarne la scomparsa siano state le malattie dei primi colonizzatori. Quali segreti custodisce l’isola di Pasqua ? Famosi per i Moai, le enormi teste di tufo – molte hanno anche braccia e busto, che negli anni sono stati ricoperti dalla terra – costruite sull’Isola di Pasqua, i Rapa Nui sono una popolazione di origine polinesiana insediatasi sull’isola intorno al 1200. Nei secoli passati sull’isola, prima dell’arrivo degli europei (1722), i Rapa Nui hanno ampiamente disboscato la zona settentrionale dell’isola modificandone così il clima. Proprio i cambiamenti climatici (dovuti soprattutto allo sfruttamento del territorio) hanno costretto questa popolazione a migrare da un’area all’altra dell’isola, e si riteneva fino ad oggi ne avessero causato in seguito il definitivo declino. Un’équipe di ricercatori neozelandesi, statunitensi e cileni ha analizzato reperti su tutta l’isola, utilizzando una tecnica chiamata Obsidian hydration dating (Ohd), un metodo geochimico per determinare l’età di oggetti in cui è presente l’ossidiana (un vetro vulcanico che i Rapa Nui usavano per i loro manufatti), scoprendo così le aree in cui la popolazione è stata maggiormente attiva. Dagli studi effettuati è emerso che il calo demografico è avvenuto in maniera disomogenea: in particolare, nell’area a nord est dell’isola, grazie a condizioni climatiche favorevoli e al terreno fertile, i Rapa Nui hanno prosperato dal 1600 fino al 1800, ben oltre quindi i primi incontri con gli esploratori europei (avvenuto nel 1722). Lo studio mostra che gli abitanti dell’Isola di Pasqua all’arrivo degli europei non erano quindi sul punto di scomparire, nonostante la popolazione avesse subito un declino su base locale determinata dalle condizioni climatiche delle differenti aree dell’isola. La loro scomparsa definitiva, secondi i ricercatori, sarebbe quindi stata determinata dall’arrivo di malattie come il vaiolo e la sifilide, portate dagli esploratori europei, contro cui i Rapa Nui non possedevano alcuna difesa. Sono, però, i Moai, le famose e caratteristiche statue sparpagliate per tutta l’isola, la più evidente testimonianza della prima razza giunta in questo luogo. Si tratta di gigantesche statue in pietra vulcanica, in gran parte alte sei metri, ma alcune raggiungono i 22 metri, che riproducono quasi ossessivamente lo stesso modello. Alcune sono poste in fila lungo la costa, e sembrano quasi a fissare minacciosamente i naviganti, altre sono abbandonate sulla montagna. Le più grandi giacciono incompiute nelle cave del vulcano Rano Kao, tuttora circondate dagli utensili necessari alla loro realizzazione. Attualmente ve ne sono circa 600. Più della metà, sono state trovate rovesciate, mentre altre si ritiene che siano state gettate in mare o distrutte dagli indigeni. Le statue ricordano molto l’arte Inca, sia nella struttura che nella lavorazione. Probabilmente sono state erette per motivazioni religiose. I moai sarebbero monoliti sacri, una sorta di totem, raffiguranti gli dei o forse uno dei primi re dell’isola. Non si sa bene con quali tecniche siano stati scolpiti, certamente occorreva possedere una buona perizia tecnica per tagliare la pietra nella cava e scolpirla secondo un preciso progetto. Non si conosce bene neanche il modo con cui furono trasportati e eretti nei santuari. La tradizione orale non fornisce elementi tecnici soddisfacenti. I pasquani invocano un capo mitico, Tuu Ko Ihu, il Dio Make Make o ancora i sacerdoti che ordinarono alle statue di camminare e di posarsi sui rispettivi ahu (i raggruppamenti di più moai). L’ipotesi più credibile è che i moai fossero i monumenti voluti dalla casta aristocratica delle “orecchie lunghe”, così detta per le orecchie forate ed allungate, che avrebbe sfruttato come schiavi i paria “orecchie corte”. Questi ultimi si sarebbero infine ribellati alla tirannia degli aristocratici e, dopo una lunga lotta, avrebbero annientato le “orecchie lunghe” ed abbattuto i monumenti che li rappresentavano, come spesso accadeva nell’antichità..