È localizzato al di sopra della fine di Sushumna.. qualche maestro specifica nel mezzo del cervello, qualche altro dice subito sotto il brahmarandhra, mentre altri lo collocano subito sopra di questo. Sahasrara appare come un loto di colore bianco dai luminosi filamenti, con «mille petali» in cui sono inscritte tutte e cinquanta le lettere dell’alfabeto sanscrito ripetute 20 volte. All’interno risplende tra freddi raggi argentei la luna piena e al suo interno è inscritto il triangolo che alberga il grande vuoto, origine e dissoluzione di ogni cosa. Qui risiede Paramashiva, simbolo dell’identificazione fra l’anima individuale e l’Anima universale, fra l’uomo e Dio, realizzazione della suprema beatitudine che consegue alla distruzione dell’ignoranza e della falsa visione operata da Paramashiva stesso quale sommo guru che istruisce lo yogin devoto. Il guru terreno che ha condotto il discepolo alla soglia della liberazione si identifica qui con Paramashiva stesso assiso sull’hamsa, l’ocacigno. L’ hamsa ripropone il tema dell’unificazione e del superamento delle polarità per realizzare l’Unità ineffabile: il Mistero ultimo si divide in due, maschile e femminile, spirito e natura, «ham» e «sa», «io» e «questo». Il simbolismo della riunificazione è ulteriormente sottolineato in sahasrara dalla presenza dei mandala della luna e del sole. Nell’hamsa sono contenute tutte le forme che il Divino assume e ogni devoto troverà quella cara al suo cuore.. per gli shivaiti è Shiva, per i vishnuiti è Vishnu, per i devoti della Dea è la Shakti, per altri è Vishnu-Shiva… La Shakti si manifesta in sahasrara nel triangolo inscritto nel mandala della luna come Amakala, il sedicesimo asterismo lunare: dea lucente e sfolgorante, di colore solare, stilla verso il basso un continuo rivolo di ambrosia. All’interno di Amakala, immaginata come falce lunare e quindi concava, risiede Nirvanakala, anch’essa in forma di mezzaluna, rosseggiante come il sole, cuore di tutti gli esseri e dispensatrice di divina conoscenza. Dentro di questa, nel mistico punto che simboleggia il vuoto da cui tutto origina e a cui tutto ritorna, si trova la Nirvana Shakti, abbacinante come dieci milioni di soli, colei prima della quale non esisteva nulla: è qui che Shiva si unisce con Kundalini ed è da questa unione che scaturisce il nettare dell’ambrosia poi stillante verso il basso. Lo yogin deve dunque fare ascendere Kundalini dal muladhara fino al sahasrara, facendole attraversare tutti i chakra fino a condurla dal suo signore, Paramashiva, affinché si unisca con lui e possa delibare l’ambrosia generata dalla loro unione. Quindi la dea in forma serpentina deve essere fatta ridiscendere in muladhara e, se nell’ascesa ella aveva riassorbito gli elementi di un chakra in quello successivo fino a dissolvere tutta la manifestazione nel vuoto contenuto nel triangolo di sahasrara, ora, ridiscendendo, emana nuovamente i chakra e tutto ciò che essi costituiscono e investono, infondendo loro nuova vita, ma soprattutto permeandoli di coscienza. Attraverso i chakra lo yogin ha esplorato se stesso e il mondo: è entrato nei meccanismi del corpo per riappropriarsene in maniera piena e totalmente volontaria, è sceso oltre la soglia del conscio nelle tenebre dell’ Uroboros primitivo, l’inconscio collettivo, per recuperare la sua coscienza individuale. Ma non si è fermato a questo; ha osato andare oltre, sacrificando il suo io psico-fisico per trascendere se stesso. Così ha attinto l’infinita Coscienza che sta oltre l’umano ed ha aperto il suo terzo occhio affacciandosi su un’altra dimensione. Di questo incredibile viaggio al di là del finito resta una cronaca esoterica, raccontata dai simboli, poiché soltanto essi, che provocano risonanze, sono dinamici e trasformano, possono esprimere ciò che non può essere comunicato altrimenti..