In verità, soltanto l’uomo che possieda i quattro corpi completamente sviluppati può essere chiamato Uomo nel pieno senso della parola. Così, l’uomo compiuto possiede numerose proprietà che l’uomo ordinario non possiede. Una di queste proprietà è l’immortalità. Tutte le religioni e tutti gli insegnamenti antichi contengono l’idea che con l’acquisizione del quarto corpo l’uomo acquista l’immortalità; e tutte indicano delle vie per acquisire il quarto corpo, ossia l’immortalità. In relazione a ciò, alcuni insegnamenti paragonano l’uomo ad una casa di quattro stanze. L’uomo vive in una sola, la più piccola e la più povera di tutte, senza supporre minimamente, fino a quando non glielo si dice, l’esistenza delle altre, che sono piene di tesori. Quando egli ne sente parlare, incomincia a cercare le chiavi di queste stanze, e specialmente della quarta, la più importante. E quando un uomo ha trovato il mezzo di penetrarvi, diventa realmente il padrone della sua casa, perchè è soltanto allora che la casa gli appartiene completamente e per sempre. La quarta stanza dà all’uomo l’immortalità e tutti gli insegnamenti religiosi si sforzano di indicargli il cammino verso di essa. Vi è un grandissimo numero di strade, più o meno lunghe, più o meno dure, ma tutte, senza eccezione, conducono o cercano di condurre in una stessa direzione, che è quella dell’immortalità.
L’immortalità non è una proprietà con la quale l’uomo nasce, ma una proprietà che può essere acquisita. Tutte le vie che conducono all’immortalità, quelle che sono generalmente conosciute e le altre, possono essere ripartite in tre categorie:
La via del Fachiro.
La via del Monaco.
La via dello Yogi.
La via del Fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è lunga, difficile e incerta. Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli vi riesce attraverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi. Egli sta in piedi, nella medesima posizione, senza un movimento, per ore, giorni, mesi o anni; oppure siede con le braccia tese, su un nudo sasso, al sole, alla pioggia, alla neve; oppure si infligge il supplizio del fuoco o quello del formicaio in cui egli tiene le gambe nude, e così via. Se non cade ammalato o non muore, si sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge allora la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni, emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la volontà, ma non possiede niente cui applicarla, non può farne uso per acquistare la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per cominciare un lavoro nuovo……………Ma in realtà la via del fachiro, la via del monaco e la via dello yogi sono completamente differenti.
La seconda è quella del Monaco. È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa non può diventare un monaco nel vero senso della parola. Pure la via del monaco è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni a lottare contro se stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sul secondo corpo, ossia sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la fede, egli sviluppa in se stesso l’unità, la volontà sulle emozioni. Ma il suo corpo fisico e le sue capacità intellettuali possono restare non sviluppate. Per essere in grado di servirsi di ciò che egli avrà raggiunto, dovrà coltivarsi fisicamente e intellettualmente. Questo non potrà essere condotto a buon fine se non mediante nuovi sacrifici, nuove austerità, nuove rinunce. Un monaco deve ancora diventare uno yogi e un fachiro. Rarissimi sono coloro che arrivano così lontano; più rari sono ancora coloro che superano tutte le difficoltà. La maggior parte muoiono prima o non diventano monaci che in apparenza. La terza via è quella dello yogi. È la via della conoscenza, la via dell’intelletto. Lo yogi riesce a sviluppare il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e, come il fachiro ed il monaco, egli è incapace di trarre profitto da ciò che ha realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Per diventare capace di fare deve conquistare il dominio sul suo corpo e sulle sue emozioni. Per riuscirvi, deve rimettersi al lavoro ed egli non otterrà alcun risultato se non con degli sforzi prolungati. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un certo grado e non vanno oltre. Le vie si differenziano l’una dall’altra anche nella loro relazione con il maestro o guida spirituale. Sulla via del fachiro un uomo non ha maestro nel vero senso di questa parola. Il maestro in questo caso non insegna, serve semplicemente da esempio. Il lavoro dell’allievo consiste nell’imitare il maestro. L’uomo che segue la via del monaco ha un maestro, e una parte dei suoi doveri, una parte del suo compito, è di avere nel suo maestro una fede assoluta, egli deve sottomettersi assolutamente a lui, in obbedienza. Ma l’essenziale sulla via del monaco è la fede in Dio, l’amore di Dio, gli sforzi ininterrotti per obbedire a Dio e servirlo, anche se nella sua comprensione dell’idea di Dio e del servizio di Dio può esservi una grande parte di soggettività e molte contraddizioni. Sulla via dello yogi senza un maestro non si può fare nulla e non si deve fare nulla. L’uomo che abbraccia questa via deve, all’inizio, imitare il suo maestro come il fachiro e credere in lui come il monaco. Ma in seguito diviene gradualmente il maestro di se stesso. Egli impara i metodi del suo maestro e si esercita gradualmente ad applicarli a se stesso. Ma tutte le vie, la via del fachiro come le vie del monaco e dello yogi, hanno un punto comune: tutte incominciano da ciò che vi è di più difficile, un cambiamento di vita totale, una rinuncia a tutto ciò che è di questo mondo. Un uomo che ha una casa, una famiglia, deve abbandonarle, deve rinunciare a tutti i piaceri, attaccamenti e doveri della vita, e partire per il deserto, entrare in un monastero o in una scuola di yogi. Fin dal primo giorno, dai primi passi sulla via, egli deve morire al mondo; soltanto così egli può sperare di raggiungere qualcosa su una di queste vie. In una vita ordinaria, per quanto colma di interessi filosofici, scientifici, religiosi o sociali, non vi è nulla e non può esservi nulla che offra le possibilità contenute nelle vie. Infatti, esse conducono o potrebbero condurre l’uomo all’immortalità. La vita mondana, anche la più riuscita, conduce alla morte e non potrebbe condurre a nient’altro. L’idea delle vie non può essere compresa, se si ammette la possibilità di un’evoluzione dell’uomo senza il loro aiuto. La quarta via non richiede che ci si ritiri dal mondo, non esige la rinuncia a tutto ciò che formava la nostra vita. Essa comincia molto più lontano che non la via dello yogi. Ciò significa che bisogna essere preparati per impegnarsi sulla quarta via e che questa preparazione deve essere acquisita nella vita ordinaria, essere molto seria e abbracciare parecchi aspetti differenti. Inoltre un uomo che vuole seguire la quarta via deve riunire nella sua vita condizioni favorevoli al lavoro, o che in ogni caso non lo rendano impossibile. Infatti, bisogna convincersi che sia nella vita esteriore che nella vita interiore di un uomo, certe condizioni possono costituire per la quarta via barriere insormontabili. Aggiungiamo che questa via, contrariamente a quella del fachiro, del monaco e dello yogi, non ha una forma definita. Prima di tutto essa deve essere trovata. È la prima prova. Ed è difficile, poiché la quarta via è ben lontana dall’essere conosciuta quanto le altre tre vie tradizionali. C’è molta gente che non ne ha mai sentito parlare ed altri che negano semplicemente la sua esistenza o anche la sua possibilità. Tuttavia, l’inizio della quarta via è ben più facile dell’inizio delle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. È possibile seguire la quarta via e lavorare su di essa rimanendo nelle condizioni abituali di vita e continuando il lavoro usuale, senza rompere le relazioni che si avevano con la gente, senza abbandonare nulla. Anzi, le condizioni di vita nelle quali un uomo si trova quando inizia il lavoro – dove il lavoro, per così dire, lo sorprende – sono le migliori possibili per lui, perlomeno all’inizio. Infatti, queste condizioni gli sono naturali. Esse sono quell’uomo stesso, poiché la vita di un uomo e le sue condizioni corrispondono a ciò che egli è. La vita le ha create sulla sua misura; di conseguenza ogni altra condizione sarebbe artificiale e il lavoro non potrebbe, in questo caso, toccare contemporaneamente tutti i lati del suo essere. Così la quarta via tocca tutti i lati dell’essere umano simultaneamente. È il lavoro sulle tre camere contemporaneamente. Il fachiro lavora sulla prima camera, il monaco sulla seconda, lo yogi sulla terza. Quando raggiungono la quarta camera, il fachiro, il monaco e lo yogi lasciano dietro di sé molte cose incompiute e non possono fare uso di ciò che hanno raggiunto, poiché non sono padroni di tutte le loro funzioni. Il fachiro è padrone del suo corpo, ma non delle emozioni, né dai pensieri; il monaco è padrone delle sue emozioni, ma non del corpo, né del suo pensiero; lo yogi è padrone del suo pensiero, ma non del corpo, né delle emozioni. La quarta via differisce dunque dalle altre in quanto la sua principale richiesta è una richiesta di comprensione. L’uomo non deve fare nulla senza comprendere – salvo a titolo di esperienza – sotto il controllo e la direzione del suo maestro. Più un uomo comprenderà quello che fa, più i risultati dei suoi sforzi saranno validi. È un principio fondamentale della quarta via. I risultati ottenuti nel lavoro sono proporzionali alla coscienza che si ha di questo lavoro. La fede non è richiesta su questa via; al contrario, la fede di qualsiasi tipo costituisce un ostacolo. Sulla quarta via un uomo deve assicurarsi da sé la verità di ciò che gli viene detto. E fin quando non avrà acquisito questa certezza, non deve fare nulla. Il metodo della quarta via è il seguente: mentre si lavora sul corpo fisico, bisogna lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero, bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni; mentre si lavora sulle emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di riuscire è la possibilità, nella quarta via, di fare uso di un sapere particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. Questo sapere rende possibile un lavoro simultaneo nelle tre direzioni. Tutta una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale, servono a questo scopo. Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno; vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che si è mantenuto per tradizione nelle altre vie. Così, allorché un uomo raggiunge la volontà mediante la quarta via, egli può servirsene, poiché ha acquistato il controllo di tutte le sue funzioni fisiche, emozionali ed intellettuali. Egli ha risparmiato per giunta molto tempo con questo lavoro simultaneo e parallelo sui tre lati del suo essere. La quarta via è talvolta chiamata la via dell’uomo astuto. “L’uomo astuto” conosce un segreto che il fachiro, il monaco e lo yogi non conoscono. In che modo “l’uomo astuto” abbia appreso questo segreto, non si sa. Forse l’ha trovato in qualche vecchio libro, forse l’ha ereditato, forse l’ha comperato, forse l’ha rubato a qualcuno. Fa lo stesso. L’uomo astuto conosce il segreto, e con il suo aiuto supera il fachiro, il monaco, lo yogi. Il fachiro è, tra i quattro, colui che opera nella maniera più grossolana; sa pochissimo e comprende pochissimo. Supponiamo che egli riesca, dopo un mese di intense torture, a sviluppare una certa energia, una certa sostanza che produca in lui determinati cambiamenti. Egli lo fa assolutamente all’oscuro, ad occhi chiusi, non conoscendo né lo scopo, né i metodi, né i risultati, semplicemente per imitazione. Il monaco sa un po’ meglio ciò che vuole; è guidato dal sentimento religioso, dalla tradizione religiosa, da un desiderio di compiutezza, di salvezza; egli ha fede nel maestro che gli dice ciò che deve fare e crede che i suoi sforzi ed i suoi sacrifici “piacciano a Dio”. Supponiamo che in una settimana di digiuni, di continue preghiere, di privazioni e di penitenze, riesca a raggiungere ciò che il fachiro non aveva potuto sviluppare in sé che in un mese di torture. Lo yogi ne sa molto di più. Sa ciò che vuole, sa perché lo vuole, sa come può ottenerlo. Egli sa per esempio che, per arrivare al suo scopo, deve sviluppare in sé una certa sostanza. Egli sa che questa sostanza può essere prodotta in un giorno mediante un certo tipo di esercizio mentale o mediante una concentrazione intellettuale. Così, per un giorno intero, senza permettersi una sola idea estranea, tiene l’attenzione fissa sopra questo esercizio ed ottiene ciò di cui ha bisogno. In questa maniera uno yogi riesce a raggiungere in un giorno la stessa cosa che il monaco raggiunge in una settimana, e il fachiro in un mese. Bisogna ancora notare che oltre a queste vie giuste e legittime, vi sono anche vie artificiali che non danno che risultati temporanei e vie decisamente sbagliate che possono anche dare risultati permanenti, ma nefasti. Pure su queste vie l’uomo cerca la chiave della quarta stanza e qualche volta la trova. Ma ciò che trova nella quarta stanza, non ci è dato sapere.
G.I.Gurdjieff