A Carnevale ogni scherzo vale” è un modo di dire legato alla nota ricorrenza e fa riferimento al fatto che in questo periodo dell’anno gli scherzi devono essere accettati di buon grado. Il motivo? Ogni occasione è buona per festeggiare. Solo in pochi, però, sanno che il gioco di parole ha origini molto antiche. Veniva utilizzato già all’epoca dei saturnali romani, quando i giorni del Carnevale venivano associati a concessioni, divertimento, baldoria, sovvertimento delle regole sociali e soprattutto dissolutezza. In un contesto simile, dunque, è chiaro che gli scherzi non facevano altro che rendere l’atmosfera ancora più giocosa ed esilarante. La tradizione dei travestimenti di Carnevale è legata alla cultura greco-romana: gli antichi greci durante i riti dionisiaci e i romani durante i saturnali avevano l’abitudine di mascherarsi per nascondere la propria identità. A feste di questo tipo, infatti, venivano sovvertite le gerarchie sociali e mantenere l’anonimato attraverso una maschera permetteva di trasgredire in piena libertà. Col passare degli anni l’usanza non è stata abbandonata e, complici i costumi originali, si fa tutto ciò che nel resto dell’anno non si ha il coraggio di fare. Alcune popolazioni arcaiche, invece, si servivano delle maschere per entrare in contatto con le energie della natura durante le cerimonie spirituali: in cambio di raccolti abbondati gli spiriti gli concedevano l’opportunità di divertirsi e fare baldoria. La parola maschera deriva dall’arabo “Mascarà”, che significa: scherno, satira. Nel teatro greco e in quello romano la maschera veniva usata dagli attori per sottolineare i tratti del personaggio che interpretavano. Nel XVI secolo si afferma in Italia la “Commedia dell’arte” e, uno dei temi ricorrenti, era la beffa del servo che riusciva ad avere la sua rivincita verso il potente. È in questo quadro che sui palcoscenici di Venezia nasce il personaggio di Zanni (il servo zotico) che poi subirà diverse metamorfosi fino a diventare rappresentativo della figura del servo attraverso maschere della nostra tradizione come Arlecchino e Pulcinella. Arlecchino: questa maschera ha origine a Bergamo e rappresenta la figura del servo sciocco ma dotato di buon senso, ma sempre pieno di debiti. Rappresenta chi è capace di adattarsi a ogni situazione e servirebbe chiunque per avere dei propri vantaggi. Pulcinella: anche questa maschera, che nasce a Napoli, rappresenta la figura del servo. Ha la gobba il naso adunco e indossa un camicione e un cappello bianco. Rappresenta la plebe napoletana che si ribella alla classe medio-alta borghese, simboleggiando la rivincita del popolo sui potenti. Balanzone: maschera tipica bolognese, è un dottore burbero e chiacchierone che si fa credere sapiente ma che prova sempre a truffare chi gli capita a tiro. Rappresenta la presa in giro di quelli che non fanno altro che vantarsi del proprio sapere ogni volte che si presenta l’occasione. Colombina:serva chiacchierona e furba della tradizione veneziana, affezionata alla sua padrona Rosaura per la quale farebbe di tutto pur di renderla felice. Indossa un abito semplice con delle balze, un grembiule mal ridotto e una cuffietta bianca. Brighella: altra maschera di Bergamo è un servo furbo a cui piace litigare con le persone e attaccar briga (da qui il suo nome). Porta pantaloni e giacca bianchi con disegni verdi, un cappello da cuoco e una maschera nera. Pantalone: è la maschera che rappresenta un mercante vecchio e brontolone, tipico della tradizione veneziana. È dedito solo al denaro e al commercio. Le uniche che riescono a tenergli testa sono la moglie e le figlie.

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