Novembre è l’undicesimo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano e il terzo e ultimo mese dell’autunno nell’emisfero boreale, della primavera nell’emisfero australe, conta 30 giorni e si colloca nella seconda metà di un anno civile. In questo mese si ricordano i defunti; il primo di novembre, infatti, ricorre la solennità di Ognissanti e il giorno seguente la Commemorazione dei defunti, nome deriva dal latino november, novembris, derivato a sua volta da novem, nove perché era il nono mese del calendario romano, che incominciava con il mese di marzo. Fino al 470 a.C. era seguito da Maglio, mese di caccia imperiale, tradizione adottata dall’Impero romano d’Oriente secondo la cultura longobarda. I primi giorni del mese possono essere caratterizzati da un breve periodo di belle giornate, culminanti l’11 novembre, giorno conosciuto come estate di san Martino per l’improvvisa mitezza del clima. I segni zodiacali del mese di novembre sono lo Scorpione (dal 23 ottobre al 22 novembre) e il Sagittario (dal 23 novembre al 21 dicembre). Il mese di Novembre inizia con la festa di Ognissanti. L’usanza di festeggiare i santi nel giorno delle loro morte perché coincide con quello della loro rinascita nel Cielo, era già presente nel II secolo in oriente. È a partire dal IV secolo però, che viene stabilito di celebrarli in un’unica giornata, fossero essi conosciuti o meno. A Roma la tradizione cominciò nell’ anno 610 d.C. quando il papa Bonifacio IV dedicò il Pantheon a Maria e a tutti i martiri, dopo che già esso era stato eretto in onore di tutte le divinità pagane. Il 2 novembre, la tradizione cristiana commemora tutti i defunti. L’abitudine di ricordarli come portatori di vita e non solo esclusivamente di morte è presente in molti popoli. In Sicilia i morti che portano vita, donano anche regali ai bambini. Inoltre in molte regioni italiane si confezionano dolci a base di pasta di mandorle per l’occasione. In Messico, mescolando tradizioni cristiane ed atzeche, vengono rievocati i cari defunti con gioia, e si festeggiano con dolci e pani a forma di scheletri e teschi. Gli antichi romani, invece, offrivano farina di grano mescolata al sale e pane bagnato nel vino, insieme a corone di fiori e viole sparse tutte intorno al luogo di sepoltura. In alcuni casi versavano latte, miele e vino nel sepolcro per permettere alle persone care sepolte di poter partecipare al banchetto, ma i festeggiamenti legati al periodo dedicato ai defunti ricorreva per loro a febbraio. L’abitudine di celebrare i defunti in un’unica giornata fu presa dai cristiani bizantini, ma introdotta dai monasteri benedettini del IX secolo e stabilita come data il 2 novembre con l’intento di cristianizzare le tradizioni celtiche ancora presenti nelle campagne. Infatti i Celti, come sappiamo da alcune tradizioni proposte nei mesi scorsi, celebravano la presenza dei morti sulla terra il primo giorno del mese, in occasione del loro capodanno quando i defunti ricomparivano nel mondo dei vivi, mescolandosi ad essi. L’usanza dell’omaggio floreale sulle tombe viene anche dai celti, oltre che dai romani come abbiamo visto poco fa. Era presente in tutte le regioni abitate dai Celti l’abitudine di realizzare grandi cataste di teschi, in alcuni casi addirittura delle capanne di ossa. Nel credo celtico il teschio infatti aveva la qualità di irradiare energie benefiche oltre che donare profezie. Sempre per questa ragione i clans irlandesi avevano l’abitudine di riunirsi in un vecchio cimitero e amministrare la giustizia da questo posto. L’ossario quindi assumeva la qualità di elargire energie, aiuto e consiglio sia personale che per il popolo. Durante le veglie i teschi venivano dipinti e si trascorreva la notte suonando, cantando e bevendo. A Napoli c’è ancora la tradizione popolare di adottare un teschio sconosciuto come protettore della famiglia, scegliendolo tra quelli presenti nei sotterranei della città, e curandolo con attenzioni e rispetto. Penultimo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, deve il suo nome al fatto che nell’antica Roma, prima della riforma di Giulio Cesare, era il nono mese dell’anno che iniziava con il mese di Marzo. Novembre è il mese della pienezza autunnale, piovoso (almeno un tempo), con le piante che definitivamente si spogliano del loro fogliame; con le prime brinate mattutine è foriero della stagione invernale che inizia il mese successivo. A Novembre finisce l’annata agraria, in questo mese tradizionalmente si fa il rendiconto dei raccolti e ancor oggi in molte parti si pagano i fitti agrari e si fanno le parti dei beni agricoli dove ancora esiste il rapporto di mezzadria. Nella nostra tradizione Novembre è ricordato come il mese della rievocazione dei defunti, ricorrenza questa che risale a tradizioni precristiane che la chiesa ha semplicemente fatto proprie “cristianizzando” antiche feste “pagane”, presenti in tutte le culture italiche ed europee. Queste celebrazioni legate al capodanno agrario e a culti ancestrali dei morti sono state ricondotte nell’ambito religioso salvaguardando solo la data e – parzialmente – il significato. Così il Capodanno Celtico è divenuto la festa di Ognissanti e il giorno successivo, 2 novembre, il giorno della Commemorazione dei defunti. Questa purtroppo è la storia, quel che è certo è che i primi giorni di novembre hanno conservato aspetti che riportano a un antico capodanno; piccole tracce si possono ancora trovare nell’usanza delle strenne che in quei giorni ci si scambia in varie parti d’Italia. La notte tra il 31 Ottobre e il 1 Novembre si celebra una tra le festività più importanti del calendario celtico e neopagano: Samhain, che segna l’inizio della ruota dell’anno. Samhain è termine gaelico che sta ad indicare appunto la stagione invernale, e nel gaelico irlandese è proprio il nome del mese di novembre. È una festività importantissima perché segna non solo l’inizio della seconda parte dell’anno celtico, cioè l’inverno, ma in epoche più antiche segnava anche l’inizio dell’anno agricolo. Era la festa dell’ultimo raccolto e della preparazione delle provviste per l’inverno nelle società rurali. Questa è la notte più magica dell’anno: il velo che separa il mondo invisibile – il Tir na n’Og dei Celti – da quello visibile si alza e permette al mondo dei morti di comunicare con quello dei vivi. Secondo la tradizione celtica i morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e celebrazioni gioiose erano tenute in loro onore. Questo aspetto della festa non fu mai eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del Cristianesimo. Infine, dal punto di vista dell’ordine cosmico, il sorgere delle Pleiadi, le stelle dell’inverno, segna la supremazia della notte sul giorno. Quando i Romani entrarono in contatto coi Celti, identificarono Samhain con la loro festa dei morti (Lemuria) che era però celebrata nei giorni attorno al 13 maggio. Con la cristianizzazione venne istituita la festa di Ognissanti (1 novembre), mentre il 2 novembre si celebra il Giorno dei morti. Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, entrambe creature considerate però pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all’uomo. Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti. Da qui forse la tradizione di travestirsi da streghe, zombie, fantasmi e vampiri. Simbolo di Halloween è la zucca intagliata con una candela accesa all’interno. Questa usanza nasce dall’idea che i defunti vaghino per la terra con dei fuochi in mano e cerchino di portare via con sé i vivi; è bene quindi che i vivi si muniscano di una faccia orripilante con un lume dentro per ingannare i morti.