Nel corso del XIII secolo, a seguito delle traduzioni dall’arabo e dal greco in latino, l’astrologia è gradualmente introdotta in molti dei sistemi di filosofia scolastica. Il terreno è reso fertile dalle opere di filosofia naturale (e dal libro XII della Metafisica) di Aristotele, che entrano nella cultura filosofica del Medioevo latino. In esse si afferma una visione gerarchica del cosmo, una concezione scalare delle cause per la quale i cieli con i loro moti perfetti determinano i processi di generazione e corruzione, inclusa la vita degli uomini. Tommaso d’Aquino afferma perentoriamente che nessun sapiente può mettere in dubbio che i moti dei corpi celesti siano cause dei moti dei corpi terrestri. I moti degli elementi sublunari derivano infatti da quelli dei corpi celesti. Le modalità delle influenze dei corpi celesti sono illustrate in termini matematici da Ruggero Bacone (che sviluppa concezioni di al-Kindi): gli influssi celesti, al pari di ogni agente attivo, operano sul corpo che li riceve attraverso un meccanismo di irradiazione analogo alla luce. Bacone descrive il processo di irradiazione in termini di piramidi di forza che provengono dalla superficie del corpo agente; su ogni punto della Terra cade il vertice di una piramide imbevuto di virtù celesti. Ogni punto della Terra risulta essere, nel modello di Bacone, la terminazione geometrica di una specifica configurazione celeste. I pianeti che la compongono forniscono qualità specifiche entro una scala di intensità determinata dagli angoli di incidenza. Facendo uso della stessa analogia influenze celesti – luce, Nicola Oresme giunge a conclusioni opposte. Oresme combatte l’astrologia basandosi sulla perspectiva, ovvero sullo studio della diffusione della luce. I corpi celesti non emanano forze occulte, che regolerebbero necessariamente ogni azione dell’uomo, ma emettono solo luce e calore in base a determinate regole geometrico-fisiche. Il moto dei cieli e la luce che essi inviano, unita all’azione delle qualità primarie degli elementi, sono in grado di rendere conto di ogni processo naturale, senza bisogno di ricorrere a influenze astrali. Daniele di Morley, celebrando l’utilità dell’astrologia, ammonisce che la sua negazione finisce inevitabilmente per distruggere i fondamenti della medicina. L’impiego dell’astrologia per la medicina ha radici antiche: dal Corpus Hippocraticum si diffonde nella medicina greca e araba. La corrispondenza tra parti del corpo, umori e pianeti ne costituisce il fondamento teorico, la genesi e l’evoluzione di una malattia rispondono anch’esse a influenze astrali: ciò è particolarmente evidente nel caso delle febbri periodiche e delle malattie acute. Queste ultime hanno una fase critica, che si manifesta con una repentina secrezione di umori. La teoria dei “giorni critici” ha lo scopo di fornire al medico gli strumenti per la prognosi e la terapia. Il medico non deve limitarsi a considerare lo stato del paziente, ma deve necessariamente consultare i corpi celesti, in particolare i moti della luna. Ben si comprende l’insistenza di Ruggero Bacone sulla necessità di fondare la medicina sull’astrologia: il buon medico non è quello che si limita a somministrare farmaci, ma quello che regola la propria azione sui moti dei pianeti e i loro aspetti. Pietro d’Abano critica i medici del suo tempo perché ignoranti in materia astrologica. Tutti i pianeti – afferma Pietro – esercitano un’influenza sulle malattie, ma lo fanno in modi differenti: in base alla loro posizione nello zodiaco, in relazione ai punti cardinali, alla posizione nell’epiciclo e alla posizione in rapporto ad altri pianeti (congiunzioni e aspetti). L’astrologia prolifera nelle corti, sia nell’Islam che nell’Occidente latino. L’astrologo segue il califfo e il condottiero sui campi di battaglia e lo consiglia in ogni grande decisione. Nella corte di Federico II opera Michele Scoto, autore di trattati di astrologia e traduttore di opere astrologiche dall’arabo. Per Michele l’astrologia rappresenta il sapere operativo del filosofo e per questo è legata alla magia. L’astrologia è l’arte che insegna come impossessarsi delle forze celesti che governano il mondo. L’astrologo gioca un ruolo non secondario nelle lotte politiche, come mostra la carriera di Guido Bonatti, il più noto astrologo del XIII secolo, al servizio di Federico II, Ezzelino, Guido Novello da Polenta e Guido da Montefeltro. Per mezzo dell’osservazione degli astri, Bonatti ritiene di aver indicato il momento propizio per la vittoria dei ghibellini nella battaglia di Montaperti (1260). L’ingresso dell’insegnamento dell’astrologia nelle università italiane avviene nella seconda metà del XIII secolo, nelle facoltà di medicina. Pietro d’Abano insegna astrologia a Padova e Biagio Pelacani) a Bologna e Padova. Secondo Pietro l’unica scienza certa è la matematica, che è divisa in due parti, geometria e astrologia; quest’ultima rappresenta la parte operativa della geometria, in particolare delle conoscenze geometriche dei moti celesti…

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